Perchè gli americani dicono "Wow", noi "Mah".
Curiosità.
Molte cose mi incuriosiscono e non riesco a non documentarmi.
Ultimamente sono molto poco social, ma trovo dei grandi spunti nella lettura, ed una recente storia che ho letto su un giornale mi ha incuriosito parecchio.
Penso che dietro le "leggende metropolitane" a volte si nascondano pensieri reali, ciò che non diciamo, ma che appartiene all'immaginario collettivo.
Dunque,
vi è mai successo che mentre raccontavate al collega del vostro ufficio che siete appena stati promossi di livello, vi abbia guardato con fare dubbioso?
Vi è mai capitato che mentre eravate nel pieno dell' entusiasmo nel documentare i dettagli di una notizia insolitamente positiva il vostro interlocutore abbia risposto: "Ah si? Mah."
Ecco,
a me è successo,
più di una volta,
ma ho sempre pensato che avesse a che fare con il poco "pathos" della persona che avevo di fronte, ed invece a quanto pare, non ha nulla a che vedere con invidia, con insicurezza e tante altre cose, è un modo di fare tipico "italiano".
Facciamo fatica ad essere realmente felici per l'altro culturalmente,
e dubitiamo,
perchè siamo abituati a farlo,
anche per il suo bene, in fondo, non per competizione, ma per consuetudine, a chiedere, come a cercare una doppia conferma.
Come se non potesse essere reale, come se ci fosse sempre qualcosa che sfugge o che manca.
Gli Americani ma non solo, in generale le persone che appartengono al mondo anglosassone, spesso, vengono tacciati di superficialità, di essere leggeri, poco strutturati, poco formati dal punto di vista culturale, e di essere degli Yes Man, che gioiscono ad ogni news.
La verità è che non lo sono, non lo sono mai stati.
Perchè la cultura appartiene a chi la sfrutta a proprio favore, in maniera positiva.
Gli anglosassoni infatti, come anche nel nord europa, come in sud america, hanno una grande apertura positiva verso l'altro, e si sentono coinvolti nelle vite altrui, ma come anche tanti italiani che ho avuto la fortuna di incontrare.
C'è però una differenza, reale, sostanziale, loro culturalmente si "supportano", sono i primi supporters di amici e parenti.
Ogni buona notizia its AWESOME, MY GOD, I'M SO PROUD OF YOU!!!
Chi di voi non ha mai sentito pronunciare frasi super motivanti? Impossibile, se siete stati in America almeno una volta, se avete sentito un loro discorso motivazionale, se avete viaggiato in altri paesi.
"Wow! Good on you!", lo esortano quando racconti di una cosa bella appena accaduta.
A livello psicologico, sentirsi coinvolti con una questione problematica da affrontare è mediamente più facile che esserlo per una buona notizia, eppure appartiene all'essere umano il fatto di condividere con il gruppo ciò che si vive nella propria vita, siano emozioni positive o negative.
Quello che penso manchi, è la reale partecipazione alla vita dell'altro, a meno che non si tratti di un parente molto stretto o di un'amica a cui siamo particolarmente affezionati.
Anni fa, si viveva in nuclei molto ristretti, e senza social network era difficile raggiungere tutte le persone a cui possiamo arrivare oggi, c'erano molte meno opportunità,
Eppure sebbene, la nostra sfera di azione, sia infinitamente aumentata, mancano poi i veri rapporti, ci si perde in molto meno tempo, ci si allontana per motivazioni futili e i rapporti si costruiscono con enormi difficoltà. Si ostenta molto ma si condivide davvero, nel vero senso della parola, molto poco.
Il supporto è qualcosa che non comprendiamo fino in fondo, perchè vorremmo a volte essere noi, a saltellare per l'aumento dello stipendio ricevuto, e altre perchè invece pensiamo che forse in fondo non è davvero meritato. Comunque facciamo pensieri su pensieri di una semplice comunicazione, come coriandoli e stelle filanti.
e la gioia vera, la vera condivisione è un'altra cosa.
Sono fiero di te, sono felice per te, ottimo lavoro.
Dovremmo imparare a dirlo più spesso, che sia il collega a cui siamo affezionati, che sia il nostro migliore amico, che sia l'amica della palestra, o la dirimpettaia.
Dovremmo prendere le buone consuetudini da chi le ha innate, da generazioni.
Dovremmo esser meno presuntuosi, meno forti del fatto di essere italiani, di avere il Colosseo e il Duomo e due milioni di ristoranti dove si mangia bene, dovremmo crescere in fondo.
Ammettere, che per cultura, alcune cose ci mancano, e lavorare per ottenerle, per migliorarci.
Dovremmo imparare dagli anglosassoni cosa significa essere felici dal profondo per il successo altrui, imparare il supporto reale, imparare a gioire per i traguardi raggiunti degli altri anche se a dircelo è il vicino di casa,
perchè essere felici per gli altri fa bene.
Anche a noi stessi.
Molte cose mi incuriosiscono e non riesco a non documentarmi.
Ultimamente sono molto poco social, ma trovo dei grandi spunti nella lettura, ed una recente storia che ho letto su un giornale mi ha incuriosito parecchio.
Penso che dietro le "leggende metropolitane" a volte si nascondano pensieri reali, ciò che non diciamo, ma che appartiene all'immaginario collettivo.
Dunque,
vi è mai successo che mentre raccontavate al collega del vostro ufficio che siete appena stati promossi di livello, vi abbia guardato con fare dubbioso?
Vi è mai capitato che mentre eravate nel pieno dell' entusiasmo nel documentare i dettagli di una notizia insolitamente positiva il vostro interlocutore abbia risposto: "Ah si? Mah."
Ecco,
a me è successo,
più di una volta,
ma ho sempre pensato che avesse a che fare con il poco "pathos" della persona che avevo di fronte, ed invece a quanto pare, non ha nulla a che vedere con invidia, con insicurezza e tante altre cose, è un modo di fare tipico "italiano".
Facciamo fatica ad essere realmente felici per l'altro culturalmente,
e dubitiamo,
perchè siamo abituati a farlo,
anche per il suo bene, in fondo, non per competizione, ma per consuetudine, a chiedere, come a cercare una doppia conferma.
Come se non potesse essere reale, come se ci fosse sempre qualcosa che sfugge o che manca.
Gli Americani ma non solo, in generale le persone che appartengono al mondo anglosassone, spesso, vengono tacciati di superficialità, di essere leggeri, poco strutturati, poco formati dal punto di vista culturale, e di essere degli Yes Man, che gioiscono ad ogni news.
La verità è che non lo sono, non lo sono mai stati.
Perchè la cultura appartiene a chi la sfrutta a proprio favore, in maniera positiva.
Gli anglosassoni infatti, come anche nel nord europa, come in sud america, hanno una grande apertura positiva verso l'altro, e si sentono coinvolti nelle vite altrui, ma come anche tanti italiani che ho avuto la fortuna di incontrare.
C'è però una differenza, reale, sostanziale, loro culturalmente si "supportano", sono i primi supporters di amici e parenti.
Ogni buona notizia its AWESOME, MY GOD, I'M SO PROUD OF YOU!!!
Chi di voi non ha mai sentito pronunciare frasi super motivanti? Impossibile, se siete stati in America almeno una volta, se avete sentito un loro discorso motivazionale, se avete viaggiato in altri paesi.
"Wow! Good on you!", lo esortano quando racconti di una cosa bella appena accaduta.
A livello psicologico, sentirsi coinvolti con una questione problematica da affrontare è mediamente più facile che esserlo per una buona notizia, eppure appartiene all'essere umano il fatto di condividere con il gruppo ciò che si vive nella propria vita, siano emozioni positive o negative.
Quello che penso manchi, è la reale partecipazione alla vita dell'altro, a meno che non si tratti di un parente molto stretto o di un'amica a cui siamo particolarmente affezionati.
Anni fa, si viveva in nuclei molto ristretti, e senza social network era difficile raggiungere tutte le persone a cui possiamo arrivare oggi, c'erano molte meno opportunità,
Eppure sebbene, la nostra sfera di azione, sia infinitamente aumentata, mancano poi i veri rapporti, ci si perde in molto meno tempo, ci si allontana per motivazioni futili e i rapporti si costruiscono con enormi difficoltà. Si ostenta molto ma si condivide davvero, nel vero senso della parola, molto poco.
Il supporto è qualcosa che non comprendiamo fino in fondo, perchè vorremmo a volte essere noi, a saltellare per l'aumento dello stipendio ricevuto, e altre perchè invece pensiamo che forse in fondo non è davvero meritato. Comunque facciamo pensieri su pensieri di una semplice comunicazione, come coriandoli e stelle filanti.
e la gioia vera, la vera condivisione è un'altra cosa.
Sono fiero di te, sono felice per te, ottimo lavoro.
Dovremmo imparare a dirlo più spesso, che sia il collega a cui siamo affezionati, che sia il nostro migliore amico, che sia l'amica della palestra, o la dirimpettaia.
Dovremmo prendere le buone consuetudini da chi le ha innate, da generazioni.
Dovremmo esser meno presuntuosi, meno forti del fatto di essere italiani, di avere il Colosseo e il Duomo e due milioni di ristoranti dove si mangia bene, dovremmo crescere in fondo.
Ammettere, che per cultura, alcune cose ci mancano, e lavorare per ottenerle, per migliorarci.
Dovremmo imparare dagli anglosassoni cosa significa essere felici dal profondo per il successo altrui, imparare il supporto reale, imparare a gioire per i traguardi raggiunti degli altri anche se a dircelo è il vicino di casa,
perchè essere felici per gli altri fa bene.
Anche a noi stessi.
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