Social o A - Social?




Diciamoci la verità.
Onesti, senza peli sulla lingua, ognuno di noi ha la voglia di "condividere" ciò che vive.

Amori, passioni, momenti importanti, secondo le statistiche e i recenti studi il nostro cervello innesca un meccanismo così potente da produrre autonomamente una sostanza, che a che vedere con l'appagamento.

Cerchiamo la condivisione attraverso i social network perchè apparteniamo ad una società in cui i mezzi di comunicazione sono istantanei, prima una foto, ora una "storia", due secondi, tre, almeno faccio capire che sono qui, lì, impegnato, triste, a casa, in palestra.

Ci siamo in mezzo tutti, fino al collo. Eppure, tranne chi mantiene il contatto con la realtà, e che sa, distinguere innanzitutto un appuntamento "reale" da un misero incontro in chat, chi ha vissuto la spensieratezza di un pomeriggio con gli amici, di una pizza con una ragazza, mantiene le abitudini, con difficoltà, ma le mantiene.

Le nuove generazioni e quelle che verranno, oltre ad avere dei cali di produttività, di attenzione, ad avere difficoltà a gestire impegni di studio e lavoro protratti per più di 2 ore, senza mettere mano al sistema informatico o al telefono, molto più semplicemente non sanno cosa significa passare i pomeriggi in "comitiva", fermarsi al bar dove dopo scuola si fa merenda.
Eppure sanno benissimo come ottenere più like e in che modo poter comprare l'ultimo paio di Nike o l'ultima It bag, che propongono i cosiddetti "influencer".



Le vite pubblicate, sono tutte molto simili, apparentemente vite da favola, week end in viaggio, poca scuola, molta vita notturna, cambiano i soprannomi, cambiano le frasi da inserire sotto le fotografie, ma il senso è lo stesso, si cerca di far capire chi siamo, attraverso una piccola finestra che apre grandissime opportunità, ma anche molte insidie e una forte, dilagante solitudine.

Tutto questo, è molto triste.
E sembra assurdo, quasi un paradosso, ma gli stessi studi scientifici che sono stati effettuati su un gruppo di persone considerati tra i più "social" hanno appurato che più si è social sul network e meno lo si è nel sistema sociale reale.

La gente, è sola.

Soprattutto gli adolescenti moderni ed i ragazzini delle medie, che ignorano cosa significa sentire il citofono alle 4 di un martedì qualunque e sentire l'amichetto urlare "giochi?", non sanno cosa sia scendere le scale di corsa, a quattro a quattro, o far goal in una rete fatta con le giacche in un freddo metà marzo tra i palazzi di una città qualsiasi.

Sei social ma non lo sei in fondo, non realmente.



Magari hanno milioni di followers di altre regioni, città, caricano video ad oltranza e poi non conoscono i vicini di casa di cui nemmeno sanno il nome.

Questo è il mondo che qualcuno ha scelto per noi, e di cui abbiamo e stiamo accettando le regole, senza limiti.

Tecnologia? Progresso? Non sono ancora così convinta che il progredire c'entri qualcosa, perchè etimologicamente la parola che deriva dal latino progressus, progredi, significa andare avanti, avanzare.

Quello che ci si deve domandare, è, dove stiamo andando? Qual'è la direzione di questo progresso?

Personalmente vedo la gente spaesata, oltre che sola, la vedo poco concentrata, poco attenta a ciò che accade, vedo persone che attraversano la strada con il telefono tra le mani senza alzare lo sguardo, così come sugli autobus, sul treno, non ci si parla più, non si comunica, tanto le risposte le trovo online, o sono troppo impegnato a scrivere o a caricare l'ennesima foto della mia quotidianità, e mi dispiace molto.

Se mio figlio a 16 anni, mi dovesse dire un giorno: "Mamma, io voglio fare l'influenzer."
Lo spedirei in Zimbabwe a costruire case di mattoni.

Sperando che nel frattempo, la tecnologia non abbia preso il sopravvento anche lì.

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